In ricordo di Ayrton

Nella foto qui sopra il mio amico Titta. Questa a lato, invece, è la copertina del libro di Beppe Donazzan appena uscito, dedicato ad Ayrton Senna;  si intitola "Immortale" e racconta soprattutto l'eredità che Senna ha lasciato a tutti. C'è anche un'appendice, scritta dai tifosi di Ayrton, tra loro ci sono anch'io, con questa:

LETTERA AD AYRTON
 
Quanto ho pianto, Ayrton! Ricordo come adesso, e sono vent’anni, quella domenica di maggio. Studiavo per un esame, ma all’improvviso mi si confusero le righe, non vedevo più il libro. Strano, è ora di fare una pausa, così ho acceso la tv per vedere il “mio” pilota. Parlano di lui, ma lui non c’è, non è più in gara, né ai box. Mai più. E’ volato via su un elicottero, è volato su come solo gli angeli sanno fare, mentre in pista continuano a sfrecciare le F.1. Vram, vram, vram! Pugni feroci alla bocca dello stomaco, ad ogni immagine, commento e annuncio di bollettino medico. E poi la fine. Lacrime e io fuori, a vagare come un fantasma.
Nella calma veneziana di una primavera profumata l’Ambasciata Brasiliana, a San Moisè, aveva la bandiera a mezz’asta. Ho portato lì un mazzo di fiori gialli con un fiocco verde-oro-blu, un gesto per salutarti da lontano, perché come molti non sapevo come sfogare la tristezza, rassegnarmi all’ingiustizia. Poi ho comprato una bandiera del Brasile, che sventolava su una bancarella e da vent’anni la espongo al balcone ad ogni primo maggio, ovunque io sia, in omaggio a te.
Vent’anni da Imola e diciannove da quando ho avuto la fortuna di conoscere tua sorella Viviane, per la presentazione a Montecarlo del motoscafo dei cantieri Abbate che porta il tuo nome, una meraviglia di bolide dell’acqua i cui proventi vanno ancora, tramite la tua fondazione, ai bambini che già in vita avevi iniziato ad aiutare. E che l’Istituto Ayrton Senna continua a supportare con successo, facendoli studiare e avviandoli allo sport. Grazie a te, perché in Brasile e nel mondo nessuno ti dimentica: sorridi dai poster e dalle carte telefoniche, il faccino di Senninha sbuca  qua e là sulle tute da bambino-pilota, le penne, i quaderni, le sue storie a fumetti si pubblicano sempre, mentre il tuo marchio di qualità accompagna ancora prodotti top.
Come si può dimenticarti? In molti continuano a spingersi lassù, a Morumbi, dove riposi, per un saluto Anch’io l’ho fatto. Il Brasile mi ha sempre attratto, la musica, la gente il calcio….ma la scintilla sei stato tu. San Paolo, la tua città, è una Milano moltiplicata. Poco brasiliana a vederla, molto brasiliana nel cuore. Ho preso l’autobus al terminal Bandeiras, e mi sono incamminata su per le ripide strade del quartiere residenziale, ho comprato un grande cuore di margherite gialle, bellissimo, mi hanno pure fatto lo sconto perché lì riconoscono il popolo di Senna. Non ho neanche dovuto chiedere la strada, te la indicano, sanno perché sei lì. Ho risalito la collinetta di quel giardino di fiori senza croci né marmi né monumenti. Ho accarezzato la tua targa sotto l’alberello che ti ripara, ho posato il cuore di fiori e mi sono seduta sul prato accanto a te. E lì ho passato due ore, con Wellington, un ragazzo brasiliano che si è avvicinato con un :”Saudade, eh?” e mi ha raccontato la sua vita. Giocava a calcio, ma aveva scelto te come idolo. Aveva sette anni quando te ne sei andato, ma se lo ricordava benissimo, ha abbassato la testa raccontando e poi è riuscito a convincermi che il sole sbucato all’improvviso tra le nubi era il tuo saluto per noi. E uscendo ho incontrato Pablo, che al Morumbi ci lavora e vede sfilare chi ti ha amato, la tua famiglia, Adriane, Xuxa, Berger e Barrichello, e poi Schumacher, venuto qui appena prima della conquista del suo quinto titolo mondiale, e tanta gente che, semplicemente, si sentiva rappresentata da te: brasiliani, ma anche ragazzi da tutto il mondo, italiani e giapponesi in testa. Un omaggio continuo, incessante. Biglietti, foto, bandierine, peluches, dediche, piante, fiori, che ogni tre giorni vengono portati  via con un pullmino. Un’immensa saudade collettiva. Non so quanti altri al mondo muovano tutto questo. So che lo capisco. “Seràs eterno como a emoçao”, sarai eterno come l’emozione, dice la maglietta con la tua foto. E tu guardi lontano.
La sera, al ristorante da Massimo, mi hanno raccontato di te, della tua gentilezza e semplicità. Tutto quello che avevo immaginato era lì. Mi hanno accompagnato al tunnel da dove parte l’Avenida Ayrton Senna, mille chilometri da San Paolo a Rio. L’omaggio del Paese più bello del mondo al suo campione più amato.
Dieci anni fa ho scelto nuovamente il Brasile e allo scalo di San Paolo, di ritorno da Rio, ne ho approfittato per tornare “da te”. Perché è bello pensare “vado a trovare Ayrton”, come si fa con le persone che lasciano un segno nel cuore. Si rende poetico il dolore. Ma in questo nuovo viaggio avevo un peso nel cuore in più e allora ho pensato che la fantasia potesse alleggerire tutto: quando se ne va più di qualcuno a cui hai voluto bene, puoi pensare che magari lassù si incontrano. E scendendo da Morumbi ho avuto la sensazione che quello sarebbe stato il giorno di una grande intervista. Lassù era arrivato da poco il mio amico Titta*, con cui ho condiviso vent’anni di amicizia e complicità. Qui era un grande giornalista, geniale e senza regole, e certamente lì ora si organizza per intervistare la Storia. E oggi, Ayrton, tocca a te. Ti avviso che Titta arriverà in ritardo sulla tua nuvola perché il ritardo, come l’allegria, Titta ce l’ha nel DNA. Quindi, ti prego, abbi pazienza. Perché poi, te l’assicuro, ti divertirai. Titta ti starà ad ascoltare come sa fare lui: escludendo tutto il mondo, entrerà nell’abitacolo con te, con te si godrà ogni curva, esulterà ad ogni sorpasso, schiaccerà ancora l’acceleratore, euforico (tienilo a bada) sotto la pioggia, sarà il mago dell’acqua e della pole, con Prost si arrabbierà più di te e alla fine lo saluterà con dolcezza, sventolerà la bandiera verde-oro ad ogni vittoria, anzi diventerà quella tua bandiera, come facevamo tutti noi che avevamo scelto te. Curioso come un bambino, ti farà un sacco di domande, andrà come al solito a cercare le sfumature, e tu ne hai molte. So che vi piacerete, e starete insieme dimenticando il tempo e lo spazio nell’unico vero modo di parlare con qualcuno: entrargli nell’anima e lasciare uscire la propria. Se parlerete anche di Imola, noi non lo vogliamo sapere, perché su quella macchina ci siamo stati mille volte, un attimo prima dell’impatto, e sappiamo che errore non c’è stato.
Così ho fantasticato quel giorno,  e qualcosa mi dice che il vostro incontro è andato oltre l’intervista che non leggeremo. Quindi, ragazzi, divertitevi. Stasera è pieno di stelle. Titta, promettimi che farai sempre sorridere Ayrton. Ayrton, per piacere, tieni d’occhio quel matto brasiliano che è Titta.

Antonella



*Titta Pasinetti, giornalista sportivo de “Il Giornale” (Bergamo, 1952-2003).



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